mercoledì 1 luglio 2015

TRIUMPH

TIGER 900 by NOMADE CYCLES
La filosofia di Nomade Cycles si può riassumere in una sola frase: agro for the livin. Un manifesto che racchiude in se un viaggio contro corrente ma spontaneo, la fuga dalla noia e dal conformismo. E, aspetto non secondario, l’idea che in ognuno di noi alberga la potenzialità per rendere memorabile ogni impresa. E questo modo di pensare e agire lo si ritrova nelle loro realizzazioni: essenziali ma aggressive e su basi non costose.
Prendiamo per esempio la loro Tiger 900. Modello della metà degli anni ’90, con una batteria di carburatori Keihin da 36 ed ingombri imbarazzanti. Quindi via tutto il superfluo da rimpiazzare con…nulla. E già perché se si vuole andare forte e contro corrente bisogna essere leggeri. Il motore mantiene l’impostazione originale (tre cilindri, 885 centimetri cubici, 85 cavalli, cambio a sei rapporti) con l’unica aggiunta di filtri aria aperti e scarichi in acciaio inox bassi con tromboncini corti (uno per lato). Anche la ciclistica già buona di suo rimane stock: forcella da 43 millimetri e mono con leveraggi ampiamente regolabili; telaio di serie (ad eccezione della parte posteriore tagliata e modificata). Cambiano i particolari e le (poche) sovrastrutture per adattarsi allo stile “rustico” della Triumph made in Nomade Cycles; manubrio Renthal con comandi originali, manopole Biltwell, specchietti e strumentazione minimal e riallocati, fanale tondo (in luogo di quello originale sdoppiato). Il serbatoio che catalizza l’attenzione di chi guarda, proviene da una Yamaha SX 400 del ’77 con finitura nude look e grafica dedicata. Di serie freni (Nissin con doppio disco anteriore da 276 millimetri) e cerchi a raggi (19 anteriore,  17 posteriore) accoppiati a pneumatici Metzeler Karoo 3 specifici per aggredire strade mosse e piegare agilmente sull’asfalto. La sella nuova e realizzata appositamente da Nomade Cycles fa il paio con due borselli laterali posizionati nella triangolatura sotto la seduta “svuotata” della scatola filtro e dell’elettronica di serie. E per finire, frecce e parafanghi minimalisti (provate a cercare le prime e osservate quanto è stato tagliato il paraspruzzi posteriore con il faro annegato a filo), portatarga home made e verniciatura di Dave Desings. E’ inutile girarci intorno: è bella, sfrutta una base poco costosa (buoni esemplari di Tiger 900 si trovano per meno di 3.000 euro) e fa la sua gran figura al bar. Ma se volete rendere giustizia ad una special siffatta è nell’uso quotidiano e sulle strade mosse che dovrete usarla. Per il resto basta davvero poco: qualche migliaio di euro per un’endurona anni ’80, uno scatolone dove riporre buona parte dei pezzi smontati (soprattutto le sovrastrutture), qualche week end libero e pochi pezzi (di recupero) da montare su. Perché una moto dura e pura non ha bisogno di certi orpelli per essere bella.  














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